domenica 21 luglio 2013

Le brave bambine vanno in paradiso.

Victim blaming occurs when the victim(s) of a crime, or any wrongful act are held entirely or partially responsible for the transgressions committed against them.

Nonna la spesa la faceva tutte le mattine. Prima di andare al lavoro. Pero’ la sera, se finiva qualcosa e bisognava comprarlo, non le andava di rivestirsi e uscire, quindi mandava me. I soldi mai contati, ma lista in mano con accanto i prezzi, e la previsione di resto da ricevere, tutto ben spiegato per essere certa che il pizzicagnolo non si approfittasse di una bambina che sapeva fare appena le addizioni. Poi sempre per proteggermi, mi ripeteva a voce quello che aveva scritto, e  infine sulla porta aggiungeva sempre la stessa tiritera: Prima di attraversare guarda prima a destra e poi a sinistra, passa quando non ci sono macchine, compra tutto non ti scordare niente, e torna subito a casa. Non parlare con nessuno, con quelli che non conosci  ma soprattutto con quelli che conosci, perché il piu’ pulito c’ha la rogna. Quello che mia nonna, per amore, faceva, era insegnarmi a proteggermi. Mi insegnava che la mia sicurezza dipende da me. Dal mio comportamento.  In molte siamo cresciute cosi’, in molte abbiamo sentito questa lezione.  Mano a mano che crescevamo cambiavano i pericoli dai quali dovevamo imparare a guardarci, il problema non erano piu’ le macchine che sfrecciavano  agli incroci, ma quelle  che ti rallentavano vicino,  e poi le scarpe la gonna, l’acconciatura.  Non ti mettere i tacchi , che se devi correre come fai? Non ti fare la coda, che mentre scappi
è facile da prendere, non ti vestire troppo appariscente , non vuoi farti notare mentre aspetti l’autobus . La lezione che le nostre nonne e mamme cercavano di ficcarci in testa, l’abbiamo poi risentita, in occasione di fatti di cronaca o di quartiere, sputata fuori da bocche senza amore : Sta cretina, in giro da sola a quell’ora di notte, se l’è cercata. E in fondo in fondo lo abbiamo pensato pure noi. In fondo lo abbiamo pensato: ma non lo sai che è pericoloso? Ma non lo sai che coi tacchi non si corre? Non lo sai che se bevi troppo poi diventi lenta? Tutte le volte che leggi / senti/ vivi un fatto di violenza la prima reazione, quella condizionata è sempre la stessa: dovevi/dovevo stare piu’ attenta. Dovevo immaginare che sarebbe successo, dovevo sospettare che lo avrebbe fatto, dovevo sapere che non mi stava dicendo verità , e ancora  se pure non potevo prevedere immaginare sapere allora  potevo/dovevo fare di piu’ correre di piu’ gridare di piu’ difendermi di piu’.  Quanto tempo ci vuole a perdonare a se stesse di esserci lasciate fare violenza? Quanto tempo ci vuole a superare la vergogna di non essere state in grado di difenderci? Troppo.
 Siamo state tutte bambine educate bene. Mo basta.
 Io non voglio piu’ stare attenta a quello che mi metto, non voglio scegliere le scarpe  in funzione del fatto che potrei dover correre per salvarmi il culo, voglio guardarmi allo specchio per vedere se sono carina, non se sono indecente(?) o troppo provocante, voglio che mia nipote di 17 anni sappia che il mondo è pieno di porci maledetti, ma non è colpa sua, e che se qualcuno ti fa del male, non lo fa perché eri ubriaca, o svestita, o hai riso troppo forte, lo fa perché è un mostro,  e che se il terrore ti taglia il fiato e non riesci a correre non è colpa tua,  se non ti sei difesa, non è colpa tua, se tutto quello che hai fatto  non è servito a fermarlo, non è colpa tua.  Non è vero che la violenza capita a chi se la cerca, non è vero che la violenza la eviti con un paio di jeans e le scarpe da ginnastica. La violenza capita. Ad una donna su cinque.

 La violenza capita anche perché si insegna alle bambine che non devono farsi fare violenza , ma raramente si insegna ai bambini che non si deve fare violenza.


2 commenti: